Caravaggio in Sicilia

Dopo un’accusa per omicidio Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio è costretto a fuggire da Roma e si reca dapprima a Malta, dove dipinge la grande tela del “Martirio di San Giovanni Battista” per la cattedrale de La Valletta, poi in Sicilia tra il 1608 e il 1609 dove lascia una gran quantità di opere che si allontanano nettamente dallo stile romano del pittore e finiscono, inevitabilmente, per riflettere la psicologia del loro autore.

La prima opera di mano del Caravaggio in Sicilia è “Il seppellimento di Santa Lucia”, realizzato per la chiesa di Santa Lucia al sepolcro di Siracusa nel 1608 e oggi conservato presso la chiesa di Santa Lucia alla badia della stessa città.

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Il dipinto che manifesta tracce di incompiutezza, rappresenta il momento in cui il corpo della Santa siracusana sta per essere deposto nella fossa scavata dai due uomini in primo piano. Questi uomini hanno ancora del periodo romani di Caravaggio, soprattutto nella loro tensione muscolare che ricorda in parte quella degli aguzzini della “Crocifissione di San Pietro” nella cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo a Roma. A cambiare è stata la luce, che non si presenta più direzionata, ma sparsa; smonta le figure, che sul fondo appaiono inconsistenti. La luce è qui sparsa e manifesta una profonda inquietudine che non appartiene, certamente, solo al dipinto, ma anche al pittore che lo ha realizzato.

Altro dipinto siciliano di Caravaggio, è la “Resurrezione di Lazzaro” dipinta a Messina nel 1609 per i Padri crociferi della città. Oggi è conservato presso il museo d’arte regionale della città dello stretto.

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Qui il quadro ripercorre, per certi versi, il modello della “Vocazione di San Matteo” con Cristo che col dito puntato sembra dirigere la luce sul protagonista della scena. Il dito di Cristo è però in questo caso diverso, perché se nella “Vocazione di San Matteo” esprime un gesto di invito, in questo caso rappresenta un segno di comando ricolto a Lazzaro perché ritorni in vita. Meno definita, seppur presente, sembra essere la tensione muscolare dei personaggi che sono però colti in un crudo realismo fisico e psicologico.

Sempre a Messina, Caravaggio realizza, stavolta per i Padri cappuccini, un dipinto rappresentante l’ “Adorazione dei Pastori” datato anch’esso al 1609.

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Ancora una volta la luce è sparsa e non mirata su un personaggio o un momento, come accadeva nella “Resurrezione di Lazzaro”, in questo caso è una luce più calma, quasi soporifera, che accompagna l’osservatore al momento di quieta che si vive dentro quella stalla. A sottolineare la mancanza di tensione patetica è la Madonna, sdraiata in modo disinvolto e con in mano il bambino, mentre San Giuseppe guida i pastori alla venerazione del pargolo divino. La scena si chiude sullo sfondo dove un bue e un asinello sembrano fondersi con le pareti in legno della mangiatoria.

Di tema simile, ma con stile diverso è il quadro della “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco” dipinta a Palermo per l’Oratorio di San Lorenzo e trafugata da affiliati alla mafia nell’ottobre del 1969.

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La composizione di questo dipinto si manifesta più vicina al vecchio Caravaggio, troviamo, infatti, un fascio di luce definito che proviene dalla nostra sinistra e colpisce alle spalle San Lorenzo (riconoscibile per la dalmatica), per poi posarsi sul volto del bambino, posto a terra e rivolto verso la madre, e la Madonna che ha le vesti e la fisionomia di una ragazza giovanissima e umile. Il dipinto non presenta alcuna ricchezza, a parte forse la dalmatica del San Lorenzo; si rifà a un crudo realismo che vuole povere persone in un ambiente povero e umile, non sono Santi, ma uomini e donne normali immersi nel loro ambiente. Interessante è la componente psicologica che insegue l’idea di intimità data, ad esempio, dal bambino rivolto non verso l’osservatore, ma verso gli astanti o l’uomo di spalle in primo piano, che sembra voler chiudere la scena ai nostri occhi. In alto un angelo esce fuori dalle tenebre con il bellissimo particolare di un’ala messa in ombra dall’altra; quest’ultimo personaggio potrebbe, in parte, ricordare il “San Matteo e l’Angelo” proprio del periodo romano di Caravaggio.

Spero che questo articolo sia stato di vostro interesse e gradimento. Lo dedico particolarmente a tutti i siciliani, perché imparino a riscoprire e a conoscere l’immenso patrimonio che li circonda.

Angelo Bartuccio

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