Gli arazzi di Raffaello

Nel 2020 si celebrano i 500 anni dalla morte di Raffaello avvenuta a Roma il 6 aprile 1520. Quest’occasione particolarmente importante, e direi anche irripetibile, ha portato il mondo intero a concentrarsi sull’opera del maestro urbinate celebrato già con una mostra conclusasi a inizio gennaio a Urbino e con un’altra che aprirà i battenti il 5 marzo alle Scuderie del Quirinale a Roma e che avrò il piacere di visitare e recensire per voi, cari lettori di Artèpassione. I Musei Vaticani, nel cui percorso di visita rientra anche la Cappella Sistina, non hanno mancato all’appuntamento secolare e dal 17 al 23 febbraio 2020 esporranno contemporaneamente tutti e dieci gli arazzi del divino Raffello al loro posto d’origine, nel registro inferiore della Sistina. Era dalla fine del ‘500 che queste straordinarie opere d’arte non venivano esposte insieme nel luogo per cui furono realizzate, infatti, le esposizioni precedenti, del 1983 e del 2010, furono solo parziali.

Naturalmente di Raffaello non è la diretta esecuzione dell’arazzo, ma il cartone, un disegno preparatorio a colori che serviva da guida al maestro tessitore per comporre l’immagine con i fili, cosi come pensata dal maestro pittore. Il tema degli arazzi sono gli Atti degli Apostoli, dove si trovano narrati eventi della predicazione dei Santi Pietro e Paolo, oltre che le storie dei primi martiri cristiani come Santo Stefano

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Nei secoli precedenti, contemporanei e successivi all’opera di Raffaello, la manifattura degli arazzi era appannaggio degli artigiani dell’Europa settentrionale, particolarmente fiamminghi, i quali erano maestri universalmente noti nell’arte della tessitura. Infatti, se Raffaello realizzo i cartoni di riferimento, gli arazzi furono poi tessuti fattivamente a Bruxelles e inviati a Roma una volta eseguiti. La prima commissione a Raffaello dei cartoni per gli arazzi sistini arrivò presumibilmente già alla fine del 1514 da parte di Papa Leone X de’Medici, desideroso di avere all’interno della cappella delle opere che ricordassero il suo pontificato, mentre il resto della cappella ricordava il pontificato dei papi Della Rovere, con gli affreschi del secondo registro, opere mirabili di Botticelli, Pinturicchio, del Ghirlandaio e altri, voluti da papa Sisto IV della Rovere intorno al 1481 e la volta della cappella terminata nel 1512 da Michelangelo per volere di papa Giulio II Della Rovere.

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Il Raffaello che realizza i cartoni per gli arazzi è un maestro all’apice della sua breve carriera e perfettamente formato, anche se in queste opere egli non sia ravvisabile nella sua arte più limpida e tipica, ma sembra relazionarsi da una parte con i grandi pittori toscani e umbri del Quattrocento, i cui dipinti adornano il registro superiore, ma soprattutto, dall’altra, con la splendida volta della cappella realizzata pochi anni prima da Michelangelo, il quale agli anni di realizzazione degli arazzi era ancora in vita. Ne conseguono opere dall’alto valore drammatico e patetico, che si allontanano dalla pittura della leggerezza e della tenerezza che avevano contraddistinto Raffaello precedentemente avvicinandosi, invece, da una parte al Michelangelo sistino con cui bisognava necessariamente fare i conti, dall’altra a una trasformazione artistica già in atto in altre opere dell’urbinate, come ad esempio l’Incendio di Borgo realizzato in quegli stessi anni negli appartamenti che erano stati di papa Alessandro VI Borgia.

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Negli arazzi sistini si vede tutto il Raffaello romano. Da una parte, come si diceva, lo straordinario moto comunicativo con Michelangelo del quale sono ripresi i temi del drammatismo e più ancora la trattazione dei corpi, con muscolature poderose. Inoltre, le scene sono nella maggior parte dei casi trattate con notevole gusto teatrale, atto ad accentuare i gesti fondamentali dei personaggi principali o la psicologia dei personaggi che partecipano alle rappresentazioni sempre estremamente corali. Raffaello, inoltre, sembra nei cartoni agli arazzi sistini di aver superato quel gusto paesaggistico tipico del Perugino, con pochi alberelli sottili e vasti prati, per una realizzazione che potremmo definire più toscana, con piccoli boschetti e una prospettiva aerea sullo sfondo che richiama le opere di Leonardo che sicuramente aveva visto a Firenze, se non anche le opere venete contemporanee come i Bellini, Carpaccio o Cima da Conegliano. Molto interessante, infine, la passione architettonica e di recupero dell’antico dimostrata. Raffaello, infatti, era stato in quegli anni insignito da Leone X come sovrintendente alle antichità di Roma, col compito di mappare e studiare tutti gli edifici dell’antica Roma che erano sopravvissuti ai suoi tempi. Questo incarico e lo studio meticoloso delle antichità che ne seguì sono ravvisabili anche negli arazzi, dove non mancano edifici circolari, templi peripteri, statue all’antica, sarcofagi e le vesti dei personaggi mai rese alla maniera cinquecentesca, ma sempre contestualizzati con l’utilizzo a profusione del togato.

Insomma, che il 2020 sia l’anno di Raffaello non c’è dubbio e sicuramente non mancheranno occasioni per tutti i gusti per conoscere meglio uno dei più grandi protagonisti del Rinascimento europeo.

Angelo Bartuccio

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