Antonello da Messina. La mostra di Palazzo Abatellis a Palermo.

Stretto tra le antiche vie del quartiere Kalsa di Palermo si trova l’affascinante Palazzo Abatellis, sede della Galleria d’arte regionale della Sicilia. In questa splendida sede museale, adattata alle logiche museali con il mirabile intervento di Carlo Scarpa, trova posto fino al 10 febbraio 2019 una mostra su Antonello da Messina.

Di certo, tale mostra non è certamente tra le più grandi retrospettive sul grande artista siciliano del ‘400, ma ha il merito di ricercare il filo conduttore che attraversa l’attività di Antonello nel suo periodo di formazione siciliano, prima della partenza per Venezia nel 1475. La mostra, allora, si muove su un percorso cronologico e solo vagamente tematico, dal momento che la trattazione dei soggetti sottostà in questo caso alla datazione certa o presunta delle opere. La mostra è stata accompagnata, come si è potuto leggere nei giornali, da numerose polemiche circa la movimentazione di opere ritenute troppo fragili, come ad esempio l’Annunciazione di Palazzo Bellomo di Siracusa. In realtà l’allestimento palermitano, per buona pace dei siracusani, sembra aver rispettato l’opera, che nonostante il cattivo stato di conservazione è apprezzabile e contemporaneamente posta in sicurezza. A proposito dell’allestimento, questo a dire la verità non sembra essere dei migliori data l’eccessiva tortuosità del percorso e l’assegnazione di sale troppo grandi per opere minute e troppo piccole per i grandi polittici. Si spera che, nella seconda tornata della mostra, prevista a Palazzo Reale a Milano alla chiusura dell’esposizione palermitana, il percorso espositivo possa subire dei miglioramenti. 

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La prima parte del percorso espositivo si apre con la grande opera dell’“Annunziata” di Antonello, in mostra permanente a Palazzo Abatellis. Inutile descrivere le sensazioni che lo sguardo della Vergine provoca alla vista, non ci si riuscirebbe. In quest’opera si nota già tutta la maestria del messinese, soprattutto nella resa prospettica del libro e della mano della Madonna. Accompagnano l'”Annunziata” nella stessa sala, tre ritratti di santi che erano pinnacoli di un polittico, che dato l’allestimento “difficile da attraversare” restano in disparte rispetto al ben più noto capolavoro, nonostante diano un bel ragguaglio sulle capacità da dettaglista di Antonello.

La seconda sala riporta il visitatore al tema della devozione privata e dei piccoli dipinti. Infatti, oltre a due quadri purtroppo e inspiegabilmente mancanti nella visita e sostituiti con delle fotografie, si trovano la “Crocifissione di Sibiu” e un piccolo “santino”, così si potrebbe definire, acquisito dalla Regione Sicilia nel 2003, rappresentante una Madonna col bambino da un lato e un Ecce Homo, consumato dai baci del proprietario originale, sull’altro. La “Crocifissione di Sibiu” data la sua collocazione ordinaria in Romania è forse uno dei pezzi di maggior attrazione della mostra. In essa si può già venire a contatto con la matrice fiamminga che anima Antonello nella definizione dei dettagli come fossero parte di un libro miniato o nella struttura dei ladroni, crocifissi a un nudo ed esile tronco e costruiti con corpi dalle forme sinuose. Sul fondo del dipinto, inoltre, non lasciatevi sfuggire la bella vista di Messina, della quale si riconosce la famosa “falce” del porto, del XV secolo.

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Le sale a seguire seguono ancora l’ordine cronologico per l’esposizione e dopo un passaggio, che ahimè resta inevitabilmente fugace, davanti a un “Ritatto di Giovane”, esempio splendido della ritrattistica alla nordica di Antonello, dove domina il fondo scuro sotto il soggetto, si aprono gli occhi alla vista dei due grandi polittici della “Vergine con Bambino, San Giovanni e San Benedetto” e il “Polittico di San Gregorio”. Entrambi i polittici hanno una storia travagliata, infatti, il primo è stato restituito al suo originale splendore solo negli anni ’90 del secolo scorso, quando un sapiente restauro ha liberato il dipinto da ripitture settecentesche. Il secondo, invece, mostra chiaramente le ferite di due terremoti di Messina, quello del 1783 e quello del 1908. Entrambi presentano un Antonello ancora pienamente ancorato alla matrice gotica, dove il fondo dorato o le forme trilobate delle tavole la fanno da padrone. In ogni caso, Antonello sembra essere sempre un passo avanti al mondo che lo circonda e forse per primo porta in Sicilia la qualità nordeuropea nell’attenzione ai dettagli minimi e nei cromatismi molto accesi.

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La contestata “Annunciazione” di Siracusa trova posto nella sala seguente. In quest’opera Antonello sembra già, a pochi mesi dal suo viaggio a Venezia, aver maturato la corrente rinascimentale toscana e in parte anche veneta. In uno spazio diviso da una colonna in sezione aurea, l’angelo e la Vergine conquistano l’attenzione dell’osservatore. La sala del museo sembra dilatarsi nella casa della Madonna, infatti, la scena è abilmente dipinta in interno ricordando le simili esperienze fiamminghe, come anche di Piero della Francesca. Il fondo si apre su un paesaggio armonioso e naturalistico, che si discosta fortemente dai precedenti fondi dorati.

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L’ultima sala, infine, ospita il “Ritratto di ignoto marinaio” del museo Mandralisca di Cefalù. Il ritatto, dove ancora una volta troviamo un fondo neutro e nero alle spalle dell’ignoto personaggio, la cui veste è una variazione di nero su nero dello sfondo, sembra essere, datti i tratti somatici accentuati, quello di un ignoto siciliano. Può essere chiunque e infatti il pannello informatico d’accompagnamento cita una piacevole descrizione che ne fece Leonardo Sciascia, che con piacere vi riporto:

“Il gioco delle somiglianze è in Sicilia uno scandaglio delicato e sensibilissimo, uno strumento di conoscenza… A chi somiglia l’ignoto del Museo Mandralisca? Al mafioso della campagna e a quello dei quartieri alti, al deputato che siede sui banchi della destra e a quello che siede sui banchi della sinistra, al contadino e al principedel foro; somiglia a chi scrive questa nota (ci è stato detto); e certamente assomiglia ad Antonello. E provatevi a stabilire la condizione sociale e la particolare umanità del personaggio. Impossibile. È un nobile o un plebeo? Un notaro o un contadino? Un pittore un poeta un sicario? Somiglia, ecco tutto”.

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Alla fine della visita, nonostante qualche difficoltà sopra evidenziata, inevitabilemnte ci si sentirà arricchiti. La mostra non è una monografia esaustiva di Antonello da Messina, ma è un buon esempio di Antonello il siciliano. Si tratta di una mostra nel luogo massimo dell’arte siciliana, fatta apposta per la Sicilia. Rappresenta, in fin dei conti, l’onore antico e l’orgoglio presente di una terra. Quello in mostra non è tutto Antonello, è solo una parte. Sono le sue origini, i suoi studi, le sue prime commissioni. Sono la sua genialità e la sua voglia di futuro. Letta in quest’ottica, allora, diventa una mostra coinvolgente, della quale consiglio vivamente la visita.

Angelo Bartuccio

Riproduzione riservata

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