Il giovane Tintoretto. Recensione della mostra delle Gallerie dell’Accademia di Venezia

La mostra “Il giovane Tintoretto” delle Gallerie dell’Accademia di Venezia rappresenta una tappa del percorso di crescita del famoso artista veneziano analizzato alla luce delle sue opere, in occasione dei 500 anni dalla nascita (1519/2019), da tre importanti istituzioni: le Gallerie dell’Accademia di Venezia, i Musei Civici di Venezia nella sede di Palazzo Ducale e la National Gallery of art di Washington.

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La mostra delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, pur trattando specificatamente del periodo giovanile di Tintoretto, si spinge a spiegare il panorama artistico e culturale dell’Italia della prima metà del XVI secolo. Infatti, accanto alle opere giovanili del Tintoretto la mostra porta agli occhi del visitatore i quadri di alcuni artisti veneti coevi, come Jacopo da Bassano, ma anche di altri italiani, particolarmente toscani, come il Vasari o Salviati. Una piccola sezione è riservata anche alla stampa e all’incisione veneziana del ‘500, oltre a una piccola statua di Bartolomeo Ammanati.

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La mostra, ospitata al piano terra dell’ala palladiana delle gallerie, in un ambiente dove antico e moderno si fondono brillantemente, si suddivide in dieci sezioni diverse, ma complementarie e osmotiche tra loro. Il percorso espositivo parte dai riferimenti formativi del Tintoretto in Italia e in Europa e si conclude, dopo un escalation artistica di alto livello, col “Miracolo della schiavo”, opera di sintesi della prima età del Tintoretto. Interessante e degna di nota è anche la quantità di prestiti da collezioni private e museali internazionali di cui la mostra è fornita che immettono le Gallerie dell’Accademia, a buon titolo, del circuito dei grandi propositori di mostre a livello internazionale e non esclusivamente europeo.

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La prima sala indaga il periodo intorno agli anni ’30 del ‘500, quando il Tintoretto è ancora troppo giovane, ma in formazione in una Venezia che diventa un punto di riferimento della circolazione dell’arte e degli artisti a livello internazionale. Nel capoluogo lagunare si muovono artisti locali, ma anche provenienti da altre zone d’Italia e di Europa che condizionano la moda lagunare tanto da modificarla.

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Il primo esempio in tal senso è ricercato nel “Giudizio di Salomone” di Bonifacio Veronese dove le soluzioni figurative tipicamente veneziane si combinano brillantemente con schemi compositivi raffaelleschi, traghettati a Venezia dalla diffusione della stampa da incisione e si spandono nell’ambiente lagunare e nord-italiana anche ad opera del Pordenone. Oltre ai pittori lagunari nello stesso periodo troviamo a Venezia un gruppo di pittori fiorentini che comprende Francesco Salviati, Giuseppe Porta e Giorgio Vasari, di quest’ultimo le Gallerie dell’Accademia hanno da poco acquisito due lavori veneziani che sono esposti in mostra. I toscani portano a Venezia in maniera diretta la novità raffaellesca e michelangiolesca che determina un cambio di gusto nella pittura locale. Nello stesso periodo, l’influenza toscana si avverte anche con la presenza di Bartolomeo Ammanati, che oltre a collaborare col Sansovino alla Libreria Marciana lascia un modello bronzeo per la tomba del padovano Marco Mantova Benevides, che riprende le forme michelangiolesche del Lorenzo de’ Medici nella di lui tomba presso le cappelle medicee di Firenze.

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La terza sala racchiude le tappe quattro e cinque del percorso espositivo e propone la prima fase di affermazione del Tintoretto e mostra opere risalenti alla fine degli anni ’30 e all’inizio dei ’40 del ‘500. Il percorso espositivo di questa sala comincia con la “Conversione di San Paolo” del Tintoretto, dove è vivo il riferimento all’arazzo raffaellesco di medesimo tema. Tintoretto, quindi, nella sua prima età artistica si fa continuatore del filone veneziano emulatore dei riferimenti toscani e romani, trattandoli però con uno stile grafico innovativo, dove la pittura a olio viene saturata nelle sue soluzioni più estreme fondendosi con una resa grafica mai sperimentata fino a quel momento. Di questo periodo sono anche gli ottagoni della Galleria estense di Modena con le storie tratte dalle “Metamorfosi di Ovidio” eseguiti da Tintoretto per Ca’ Pisani a San Paternian, che testimoniano un prestigioso riconoscimento dell’artista nel panorama dell’alta committenza veneziana. Se la prima fase è di accostamento al panorama artistico contemporaneo, gli anni ’40 guardano a una definizione pittorica innovativa per il giovane Tintoretto. Nella “Disputa di Gesù nel tempio” per il Duomo di Milano, il nostro artista si muove in un campo nuovo fatto di pittura graficamente intesa con un uso spaziale che ancora guarda a Raffaello e apre il filone tintorettiano della pittura narrativa di grande formato.

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La sesta tappa del percorso espositivo parla della versatilità dell’artista, analizzandone la produzione pittorica di tipo domestico, cioè rivolta all’esecuzione di cassoni dipinti per mobili. Questo genere è stato comune di molti artisti veneziani, come anche il Tiziano nei due esempi conservati ai musei civici di Padova. Il tratto di Tintoretto si manifesta in tutta la sua sveltezza compositiva, che lo discosta dal topos pittorico di questo genere, come proposto da altri artisti suoi contemporanei.

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Dopo un breve cenno all’attività da ritrattista del giovane Tintoretto, la mostra guarda ad altre esperienze di emulazione toscana in riferimento all’”Ultima cena” di Giuseppe Porta che ha in comune col nostro una spazialità astratta e una concitazione drammatica delle figure che finisce, infine, per risolversi nel grande “Miracolo dello schiavo” per la scuola grande di San Marco, che rappresenta l’opera simbolo della mostra. Il Miracolo dello schiavo è il punto di arrivo di tutta la mostra, che si conclude nell’opera simbolo della sintesi artistica di tutte le esperienze dell’età giovanile del Tintoretto, che fa i conti con un’opera bronzea di tema analogo del Sansovino per la basilica di San Marco. Il grande telero mostra San Marco (in alto) che appare prospetticamente a difesa di un giovane schiavo sottoposto a terribili torture dal suo padrone e mentre gli aguzzini si avventano su di lui, increduli constatano  che gli strumenti di tortura sono distrutti. La composizione tiene lo spettatore col fiato sospeso, mentre partecipa meravigliato, come i personaggi del dipinto, al miracolo che si compie. Le figure sono trattate in senso teatrale e con una finitura metallica che riprende l’opera sansoviniana o la statuaria michelangiolesca.

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Dopo il 1548, anno di esecuzione del Miracolo dello schiavo, il Tintoretto è ormai un pittore formato e apprezzato e l’ultima tappa del percorso offre una selezione di alcuni lavori degli anni ’50 che mostrano una pittura veloce e sicura del nostro artista, che conferisce alle figure e ai personaggi un senso drammatico tutto nuovo.

La mostra “Il giovane Tintoretto” delle Gallerie dell’Accademia di Venezia si rivolge a un pubblico variegato, non particolarmente specialistico, pur trattando con attenzione scientifica e storico artistica il panorama artistico dei primi anni del XVI secolo a Venezia e in Italia. La presentazione delle opere è di facile lettura e comprensione e permette un approccio di facile intuizione, trasferendo al visitatore l’idea di un accrescimento culturale di ottima qualità.

Il catalogo della mostra edito da Marsilio editore è curato da Roberta Battaglia, Paola Marini e Vittoria Romani ed è acquistabile presso il bookshop delle Gallerie al modico prezzo di 30€.

Per la celebrazione dei 500 della nascita di Tintoretto, il ciclo di mostre prevede:

“Tintoretto”, Palazzo Ducale di Venezia 07.09.2018 / 06.01.2019

“Il giovane Tintoretto”, Gallerie dell’Accademia di Venezia 07.09.2018 / 06.01.2019

“Tintoretto artist of Renaissance Venice, National Gallery of Art di Washington                      10.03.2019 / 07.07.2019

Angelo Bartuccio

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Foto dell’autore

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