L’eruzione dell’Etna del 1669. L’arte del disastro

Pochi anni prima del più ben noto terremoto della Val di Noto, che nel 1693 sconvolse e distrusse buona parte della Sicilia orientale, la città di Catania nel 1669 fu interessata da un’attività eruttiva dell’Etna particolarmente distruttiva. L’eruzione dura da marzo a luglio del 1669 e interessa completamente l’area etnea del versante catanese. Il grande evento naturale ha principio nei pressi di Nicolosi, dove ancora oggi sono visibili i “Monti Rossi”, cioè i due coni piroclastici formatesi a seguito dell’eruzione del ’69. La furia dell’Etna travolge molti paesi tra la montagna e il mare (Nicolosi, Misterbianco… per citarne alcuni), ma disdegna di dirigersi verso il centro di Catania, limitandosi, la colata, a lambire parte della cinta muraria medievale fino all’attuale Castello Ursino, dove sono ancora osservabili i resti di quello spaventoso evento.

Molte furono le testimonianze artistiche che ebbero, tra gli ’70 e ’80 del XVII secolo, come tema principale l’eruzione dell’Etna del 1669. Infatti, molto ne fu colpito non solo l’immaginario locale catanese e siciliano, ma numerosi viaggiatori e conoscitori ebbero modo di sentire o di vedere i danni e, quindi, di ritrarre la furia del Mongibello nelle loro opere. Per chi si occupa, come sto facendo io di recente, della storia artistica di questo evento, non può prescindere dalla testimonianza artistica più importante per raccontarlo: l’affresco de “La veduta di Catania durante l’eruzione dell’Etna del 1669” del pittore acese Giacinto Platania, un testimone oculare dell’evento che lo rappresenterà nella sua fase finale del luglio del 1669.

eruzione 1669 giacinto platania

La veduta del Platania è un documento importantissimo per la storia urbana della città di Catania. Si tratta di una veduta prospettica a volo d’uccello, conservata presso la sagrestia della cattedrale di S. Agata a Catania dove, dopo il terremoto del 1693, fu restaurata dal pittore Mignemi. Il punto di vista non è reale (è infatti vista dal mare); l’asse visuale è est/ovest e non con il tradizionale nord in alto, al fine di realizzare una veduta della città migliore e senza impedimenti. Della città pochi sono gli elementi riconoscibili: le mura, il Castello (sulla sinistra) e il campanile (al centro) della cattedrale normanna (di quest’ultima è offerta sotto una ricostruzione, in quanto fu ricostruita completamente dopo il terremoto del 1693 in forme barocche).

Per capire la reale entità del disastro culturale e ambientale che la colata realizza nei pressi e nella città di Catania, potrebbe essere utile osservare una veduta di Catania com’era precedentemente all’eruzione del 1669 e metterla a confronto con la veduta del Platania.

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Nella prima immagine, appunto la veduta della città dei Catania prima dell’eruzione, si nota ciò che la colata lavica, rappresentata dal Platania sulla sinistra, investe lungo il suo percorso. Si tratta di una perdita culturale ingente, in termini di antichità romane; infatti, vengono distrutti: l’acquedotto di Marcello (visibile nella prima immagine in alto a sinistra), il Circo Massimo e i rigogliosi giardini, che circondavano su quel lato le mura della città

La pianta del Platania presenta anche un’interessantissima componente sociale che è, forse, la vera protagonista della veduta. Infatti, in primo piano sono riportate delle figurine umane che possiamo, anche ad un’occhiata veloce, dividere per classi sociali: a sinistra il popolo, al centro il clero e a destra la nobiltà.

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Il popolo lo si vede mentre scappa disordinatamente dalle porte della città, non riuscendo a trovare salvezza se non nell’avvicinarsi al mare. Al centro, il clero è intento in una processione penitenziale, probabilmente quella delle reliquie di S. Agata e del suo velo, che secondo la tradizione bloccarono l’avanzamento della lava; tra i partecipanti alla processione si riconosce un prelato benedicente e un gruppo di incappucciati. Sulla destra, i nobili fuggono dalla città a bordo di portantine che li conducono a delle barche per prendere il mare.

Come dicevo sopra, il tema dell’eruzione del 1669 generò la curiosità di molti artisti, anche stranieri: tra questi un anonimo francese, intorno al 1687 realizza una veduta di Catania copiata dal Platania, con l’aggiunta di alcuni particolari tratti dall’osservazione del dato reale.

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Di seguito vi presento uno slideshow di opere pittoriche o stampe realizzate a incisione che hanno come tema fondamentale l’eruzione dell’Etna del 1669 e che dimostrano il vasto interesse sia italiano, ma soprattutto del nord Europa che questo evento sortisce.

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Angelo Bartuccio

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2 pensieri riguardo “L’eruzione dell’Etna del 1669. L’arte del disastro

  1. Altra cosa da segnalare e’ che fu totalmente ricoperto il lago di nicito, di diversi kilometri di circonferenza; ed, ovviamente, tutte le ville che vi si trovavano intorno.

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    1. Grazie Amedeo! Le cose da aggiungere sarebbero davvero tante, l’articolo non vuole parlare della storia dell’eruzione, ma la accenna soltanto per trattare delle rappresentazioni artistiche proposte e in particolar modo della veduta del Platania. Apprezzo il suo interesse e la ringrazio per aver letto l’articolo sul mio blog

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