Il Rinascimento veneziano e Antonello da Messina

La storia dell’arte non si compone di compartimenti stagni e rigidi, le epoche e i periodi non si mantengono fissi in ogni luogo ma si modellano alla società che li crea e alle altre condizioni storiche e di gusto proprie di un particolare luogo. Se a Firenze l’età rinascimentale si manifesta nel mondo dell’arte assai precocemente (dal concorso per le formelle del Battistero di Firenze nel 1401), lo stesso non avviene a Venezia, dove il gusto della committenza e la conseguente opera realizzata mantengono, fino all’ultimo trentennio del ‘400 un gusto fortemente gotico, ma che non manca di spinte, ancora non abbastanza audaci, verso una sua interna ristrutturazione.

In questo clima artistico in forte e perenne evoluzione matura una figura di fondamentale importanza per la storia dell’arte italiana e particolarmente per quella veneziana: Antonello da Messina. Antonello si forma dapprima in Sicilia, ma già nel 1450 lo troviamo a Napoli, dove viene a contatto con la pittura fiamminga che farà del nostro pittore il vero grande tramite tra il nord e il sud Europa nella seconda metà del ‘400.

La Crocifissione di Sibiu di Antonello da Messina (a destra) appare di mano dello stesso artista del quadro a sinistra, che invece rappresenta uno dei pannelli del dittico della Crocifissione e Giudizio finale di Jan van Eyck. Da questa pala di Antonello si nota il fortissimo gusto e propensione del nostro per la pittura fiamminga, che impara a conoscere fin dalla sua giovinezza napoletana alla bottega del Colantonio. Il dipinto di Antonello presenta i ladroni nelle stesse pose drammaticamente rese nella loro estrema violenza già dal fiammingo e appese ai medesimi e sottilissimi rami. La trattazione nordica del tema si sposa qui con un paesaggio più tipicamente italico e questo aiuta a inquadrare Antonello come il grande sintetizzatore degli stilemi del nord e del sud Europa. Il da Messina ritratta anche la coralità scenica del rappresentato e tende a creare scorci abitabiti e vissuti solo da un ristretto, ma ben strutturato numero di personaggi.

Anche la ritrattistica di Antonello da Messina ravvisabile nel Ritratto di ignoto marinaio (a destra) risente fortemente della lezione fiamminga e in particolare di Hans Memling, qui esemplificato nel Ritratto di Tommaso Portinari. Il fondo scuro, neutro, monocromatico e la posa di 3/4 del personaggio, avvicinano Antonello al raggiungimento della nuova maniera rinascimentale attraverso il passaggio dall’arte nordica che egli riuscirà a riportare e a integrare durante tutta la sua vita.

il mondo di Antonello da Messina, a destra nella Pala di San Cassiano, e quello di Hans Memling, a sinistra, nel pannello centrale del Trittico di San Giovanni Evangelista si incontrano nuovamente, anche, nella trattazione del dettaglio fisico e decorativo. Il modello delle vesti, la sistemazione dei personaggi, la posa della Vergine pongono tutti l’attenzione sul sodalizio artistico tra questi due modi di fare arte. Il sud Italia e particolarmente la Sicilia e i pittori che in questi luoghi operano e vivono, in effetti, saranno sempre attratti e attraenti della pittura nordica, basti pensare al Trittico di Polizzi Generosa di Rogier van der Weyden o all’esperienza siciliana di Antoon van Dyck nel XVII secolo.

La Pala di San Cassiano del 1475/76 citata precedentemente rappresenta la prima opera veneziana di Antonello da Messina, ma anche lo spartiacque della pittura veneta che si traghetta definitivamente da un gotico ormai desueto a una prorompente modernità rinascimentale. La Pala di San Giobbe (a destra) di Giovanni Bellini del 1487 rappresenta il primo risultato dell’assimilazione dello stile rinascimentale proprio di Antonello. La Vergine del Bellini, come quella di Antonello, rappresenta il centro della scena e si eleva su di un alto trono, separandosi fisicamente e idealmente da terra, dove invece stanno i Santi posti in una nuova forma semicircolare, che supera la rigidità delle nicchie proprie dei polittici di stampo gotico. L’osservatore ha un ruolo nuovo nella scena rappresentata e Bellini, attraverso il braccio proteso in avanti del San Francesco sulla destra, riesce ad accoglierlo e a guidarlo a prendere parte, quasi fisicamente, del momento rappresentato.

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Nei primissimi anni del ‘500, Giorgione è uno di quelli che più di ogni altro recepisce i tecnicismi stilistici di matrice nordica importati da Antonello da Messina. Nelle Tre età dell’uomo, il pittore veneziano riflette sulle possibilità di una nuova forma di ritratto e compone la scena più per un virtuosismo pittorico, che per un’esigenza rappresentativa. Le figura di Giorgione posano in tre pose differenti (di profilo, frontale e di 3/4) su un fondo nero, che ricorda l’espediente fiammingo pocanzi esposto. I colori si mantengono ancora fermamente italici e aiutano le figura a emergere da un oscurità che le rende eteree e senza tempo. Anche il dettaglio fisico è sbalorditivo e si nota particolarmente nella rappresentazione della barba dell’uomo anziano.

 

Ancora sulla ritrattistica, questa volta di soggetto sacro, Antonello da Messina (a sinistra) col suo Redentor Mundi conquista la mente e il pennello di Alvise Vivarini (a destra). Il Vivarini propone un Cristo benedicente molto simile a quello di Antonello, ma con una resa pittorica e cromatica meno coinvolgente. Inoltre, Antonello propone l’espediente prospettico offerto dalle mani benedicenti protese in avanti e che Vivarini tende a non replicare. Di certo la forma del volto del Cristo e il fondo scuro del Vivarini lasciano poco spazio ai dubbi sull’eventuale osservanza dei dettami stilistici antonelliani.

Questo articolo vuole essere solo un breve sunto della grande esperienza rinascimentale veneziana ai suoi albori e vuole dimostrare come sia stato di notevole importanza la presenza di Antonello da Messina alla fine del ‘400 a Venezia.

Angelo Bartuccio

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